La poesia di Samuele Bersani

Samuele Bersani, cantautore italiano di chiara fama, ha iniziato il suo tour “Samuele Bersani & Orchestra- tour indoor 2024”, esibendosi in vari teatri d’ Italia e canta. La cosa è molto semplice, anche se in realtà semplice non lo è affatto: sale sul palco, davanti a lui ha un leggio, dietro di lui ci sono i musicisti e, appunto, lui canta. Ci sono gli archi, le chitarre, il pianoforte, insomma ci sono trentasei elementi dell’orchestra dei Pomeriggi Musicali, che suonano sotto la direzione del Maestro Pietro Mianiti, con l’orchestrazione di Vittorio Cosma.

Si pensa di partecipare ad un normale concerto, ma no, non è così. Tanto per cominciare è chiaro che ci si trovi di fronte a qualcosa di strano perché, senza alcuna perplessità, durante il concerto il cantautore sorride ai presenti in sala, come se donare la piacevolezza di un sorriso andasse ancora di moda. Ma non è solo questa la stranezza, basta pensare al fatto che, impunito, incanta con quelle parole che è riuscito a tirar fuori dalla sua testa creando una specie di magia. Lo fa addirittura come se i verbi e le figure retoriche avessero ancora una loro importanza. “Lo scrutatore non votante”, titolo di una sua canzone, ad esempio, racconta di un personaggio che sembra pronto per entrare tra i racconti del libro “gli amori difficili” di Italo Calvino. E poi ci sono altre storie che appaiono altrettanto pronte per farci ricordare immagini, evocazioni. Come la canzone “Harakiri”, che potrebbe far ricordare “Il grido” (The Scream) di Edvard Munch se si pensa all’alienazione. Insomma, si respira arte ascoltandolo, e no, non ci siamo, non si usa più.

Inoltre, senza nessun pentimento per aver composto canzoni bellissime, lui si muove addirittura come se fosse avvolto da una nuvola leggera di musica, di poesia, e in più qualche volta parla. Non ci sarebbe niente di male in questo se non fosse che lo fa con autoironia, con intelligenza, e ciò che emerge è una cosa strana, desueta: l’eleganza. Perché tirarla fuori poi? Inoltre, si percepisce la sua passione per la propria arte. Pare quasi strano a pensarlo, ma si, sembra davvero che stia facendo ciò che più gli piace e trasmette anche un certo, insolito, senso di felicità.

Già, perché da tempo la regola invece è quella di vedere artisti che, quando entrano in scena, sembrano personaggi usciti dal film “Il nome della rosa”. Che sembrano proprio quei monaci che nel film sono pallidi, ricurvi su loro stessi, che camminano lenti e sofferenti, vestiti di scuro e nemmeno troppo bene. Artisti che, con espressione sofferente procedono in fila uno dietro l’altro battendosi sulla schiena, proprio come i battenti di Iacopone da Todi. Chiaramente doloranti, questi artisti raggiungono piano piano il centro del palco. Con la faccia triste e arrabbiata iniziano a cantare anche se, dalla loro postura pare che dicano: “sono venuto qui solo per quella cosa strana chiamata educazione, ma non mi piace essere qui. Sappiatelo”.

Comunque, tornando al punto iniziale, a rovinare tutta l’aria cupa creata dai tristi battenti di Iacopone da Todi, ci si mette Samuele Bersani che crea dipinti con le parole mentre il teatro si riempie di arte e di musiche che fanno sognare e no, questo benedetto Samuele non usa nemmeno la voce metallica data dall’autotune. Si può?!

In più, come se tutto ciò non bastasse, senza nessuna vergogna, le sue parole ci rendono migliori. La sua musica ci accarezza l’anima, anche se va bene, qualche tatuaggio in faccia potrebbe anche farselo. E invece no. Davanti a chi lo guarda ci sono lui, la sua passione, la sua arte e si va a vedere “solo” questo. Eh sì, capitano davvero cose strane. Capita di vedere un’artista che crea atmosfere incantate e, una volta usciti dal suo concerto, si potrebbe pensare proprio alla canzone di Samuele Bersani che dice: “è un periodo pieno di sorprese”.

 

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Affariitaliani.it

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