Influencer e/o aspiranti tali

Stai facendo passi veloci, uno dietro l’altro, con il respiro affannato, sulla strada lastricata che tra poco ti condurrà dal parrucchiere.

Durante il tragitto, trafelata, sei al telefono, hai colto l’occasione per sentire il tuo amico, quello che lavora in azienda, che ha un ruolo importante e conosce le soft skills.

Riattacchi il telefono dicendogli che lo richiamerai più tardi e intanto lo ringrazi per l’invito al mare insieme agli altri amici.

Entri nel salone, posi il cappotto e subito la parrucchiera junior ti invita a prendere posto al lavatesta:

«Quando vuoi vai pure al lavatesta». Come se esistesse un’alternativa…

Mentre ti dirigi verso la postazione prefissata, noti lì seduta una ragazza. È seria, zitta, con lo sguardo immobile allo specchio, dritta con la schiena e perfettamente concentrata, su cosa non lo sai, ha l’aria di non saperlo neanche lei, ma è concentrata.

Specificando che non vuoi sembrare pettegola, incipit di qualsiasi domanda che si fa quando si è dal parrucchiere, chiedi alla parrucchiera junior chi sia quella giovane donna, così zitta, così dritta, così vestita di rosa.

Ti risponde che non lo sa di preciso, ma che è una che conosce l’armocromia.

La osservi meglio, ha un maglione rosa, pantaloni lilla e stivaletti pitonati beige, chiaramente sintetici, che gli animalisti poi non la seguono più…

Sempre per non essere pettegola chiedi anche il nome. La ragazza che ti sta lavando i capelli te lo dice, ma non è sicura che sia esatto. Guardi su Instagram, subito… È proprio lei in foto, con i suoi followers, davanti allo specchio, in costume, a gennaio, ma gli artisti, si sa, vanno presi quando sono ispirati.

Raggiungi la poltrona a te designata, la osservi ancora.

Non sei una di primo pelo in materia e lo avevi già capito che quella ragazza seduta, in realtà, è l’influencer e\o aspirante tale. Ed è una Spring.

Sei stata abilissima a riconoscerla. Tu non puoi sbagliare, lo sai che ci sono tre categorie di influencer e\o aspiranti tali. Il livello base: fa i selfie al Lido di Spina in estate e a Molveno in inverno, mette il teddy coat non firmato, una borsa non firmata, lo stivaletto, tutto coordinato. Tipico del livello base è inserire il compagno chiaramente svogliato nelle foto, perché un compagno lo devi avere, le altre ce l’hanno. Il livello intermedio: quando non è a Forte dei Marmi o a Sestriere, fa i selfie davanti al Duomo di Milano, facendo finta di essere felice con la gambina un po’ in su, sorridente. Ha la borsa di Prada e punta al selfie con la Birkin di Hermès. Il livello avanzato: non cerca nemmeno una location per il selfie perfetto, li fa direttamente a casa sua, utilizzando figli, animali domestici, ovviamente il compagno, tutto purché possa essere “trasparente” con i suoi followers. L’appartenente a questa categoria è una e trina, dentro sé stessa ha gli altri due livelli. Lei influenza di più, è indiscutibile, ma con trasparenza.

I tre livelli si influenzano a vicenda; c’è sempre qualcuna del livello avanzato che fa da apripista, e se ad esempio si fotografa con la frangia, tutte le rappresentanti delle categorie sottostanti in un battibaleno avranno la frangia. Se si fotografa con un cagnolino marroncino, il livello medio e quello base si adegueranno immediatamente. Il tutto avviene mandando in frantumi ciò che può essere definita personalità, ma imperterrite non si danno tregua. Insieme o separate ti accerchiano, ti pedinano chiedendoti il permesso di seguirti, così tu farai lo stesso con loro. Ti appaiono secondo un ritmo preciso, in orari precisi, e tu devi essere influenzata, non puoi derimerti, insomma, devi farti questa frangia, non perché piace a te ma perché lo dice lei, e se ce l’ha lei tu non puoi ignorarla. Niet.

Immagini un tribunale di primo grado che possa giudicare per inconsapevolezza. Già, inconsapevolezza. Te lo vedi composto da Jane Birkin, che influenzò la maison Hermès, Louise Brooks che divenne Valentina attraverso la penna di Guido Crepax e che segnò un diverso paradigma femminile e di costumi, sia dal vivo che nel fumetto. Vedi Mary Quant, che inventò la minigonna. Il tribunale è presieduto da Amelia Earhart, prima donna che volò sopra l’Atlantico (e che mai abbandonò il suo orologio Longines). Il cancelliere è Anaïs Nin, che sa scrivere bene, e come CTU Yves Saint Laurent, che può dire la sua in fatto di stile.

Dunque, inconsapevolezza, sì, essere inconsapevoli (almeno per la maggior parte) del fatto che la borsa Birkin venne ispirata proprio da Jane Birkin durante un volo aereo, quando raccontò a Dumas di non riuscire a trovare una borsa che contenesse tutte le sue cose. Icona di stile, non influenzava, ispirava senza premeditazione.

Inconsapevolezza nell’indossare la borsa di Chanel, ignorando, ad esempio, che le tasche interne furono volute da Coco per custodire lettere d’amore. E tanto altro ancora…

Se finisce con una condanna, si passa al tribunale di secondo grado, composto dalle sorelle Fontana,
Nico (musa di Andy Warhol) con Andy Warhol. Il cancelliere è Mary Shelley, anche lei sa scrivere, non ci sono dubbi. Il presidente è Giovanna d’Arco, che è bella incazzata. Il CTU Balenciaga.

Si passa in cassazione, presieduta unicamente da Coco Chanel, ma consigliata da Audrey Hepburn.

Finiti i tuoi viaggi mentali, posi di nuovo lo sguardo sull’aspirante influencer. Lei non parla con il parrucchiere che le fa la piega, giovane e aspirante tale come lei, comunicano attraverso la telepatia. Si comprendono in religioso silenzio, stanno zitti, dritti e zitti. Si guardano negli occhi attraverso lo specchio e si intendono magnificamente. Hanno il tatuaggio sullo stesso lato dello stesso polso, e a ogni onda che si posa sulla spalla dell’aspirante influencer si fissano tre secondi e poi lui ricomincia, si fissano di nuovo e poi ne fa un’altra, e via di nuovo, sempre così.

Finita la piega, lui chiede all’aspirante se le piace e lei risponde: «Sono super felice».

Lui le dice che è super soddisfatto del risultato, e senza nemmeno accordarsi si fanno un selfie, in modo del tutto sincronizzato assumono la posa giusta. C’è ovviamente intesa nella scelta dell’hashtag, «#super giornata», più altri ottomila hashtag incomprensibili ma che devono influenzarti.

Ora tocca a te, il parrucchiere ti chiede: «Come li facciamo oggi?»

Tu, che sai di essere una Winter, ma addosso hai solo toni caldi, rispondi: «Non so, sono in missione per conto di Dio».

Finita la piega, paghi ed esci, e rivedi ancora lì fuori l’aspirante influencer che parla da sola.

Vorresti rientrare, dire che fuori c’è una ragazza che sta male, che parla da sola, ma noti che sta facendo una delle sue stories e sei felice perché capisci che allora lei parla.

Ripercorri la strada lastricata e richiami il tuo amico manager. In attesa che lui risponda pensi che non ti ha influenzata l’aspirante influencer, ma sorridi. Ti è piaciuto vederla nelle diverse gradazioni di rosa adatte a una Spring, ti è simpatica e speri di incontrarla di nuovo. Ma ora tutti seri, che si parla di soft skills.
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Tratto da “Fatti di umani – Racconti in cui non succede niente” di Elisa Rovesta
NFC Edizioni

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