Il donatore di privacy

Siamo in un’epoca di moduli infiniti da firmare per il trattamento dei dati, eppure possiamo finire immortalati in un selfie altrui per puro caso. Chissà in quanti video siamo comparsi, magari mentre mangiamo un gelato in ciabatte o portiamo fuori il cane con la tuta bucata. Dopo anni in palestra e ore a stirare i capelli, è giusto comparire in una foto random con la chioma gonfia per l’umidità? Ma tant’è.

Tuttavia, c’è chi della privacy se ne frega. No, non parlo di chi documenta ogni momento della propria vita sui social. Parlo di quelli insospettabili, quelli che agiscono all’improvviso. Sei al bar, sorseggi il cappuccino in pace, e accanto a te c’è una signora elegante, con la piega perfetta e occhiali da sole nonostante la nebbia. Sorridente, discreta. Fino a quando… il suo telefono squilla. E non un trillo qualsiasi: un boato che fa tremare il tavolino. Tu sobbalzi, mentre i bicchieri sul bancone vibrano. Lei risponde. Ma non normalmente. Urla. Così forte che i passanti si coprono le orecchie, qualcuno si accascia per il dolore ai timpani. E lei? Imperterrita, continua: “Carissimo!” strilla con entusiasmo.

Tu speri che almeno l’interlocutore abbia abbassato il volume, ma non hai tempo di riflettere perché la conversazione diventa una battaglia sonora. Vorresti spostarti, ma tutti i tavolini sono occupati. Sei prigioniero del rumore.

Lei racconta al “carissimo” della lezione di acqua-gym, della Luisa che si è lussata il femore, del nipotino che ascolta la musica con gli auricolari. Ti dispiace per Luisa, vorresti sapere se ha una prognosi, ma la signora cambia discorso: deve comprare le ciliegie per la torta. Non ci sono più le ciliegie di una volta, dice, ora sono gonfie e rotonde. Tu annuisci, ricordando quando erano il tuo frutto preferito. Ma ecco che torna al femore di Luisa. Finalmente, pensi, capirò come è successo. E invece no. “Okay, te la saluto!” esclama, riattaccando di colpo.

La signora si alza con eleganza e va a pagare. Il barista, ormai sordo, comunica a gesti. Lei innervosita esce, mormorando: “Ma qui siamo tutti matti… perché il barista gesticolava?”

Anche tu, con un principio di acufene, ti avvicini alla cassa. E capisci: hai appena incontrato un esemplare di donatore di privacy. Della propria e anche di quella della povera Luisa. Ti incammini così al lavoro… sperando che l’udito ti torni presto.

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