È possente, scuro, deciso. E’ corpulento, una specie di Benicio del Toro, con lo stesso sguardo enigmatico e profondo. Si vede che non è più giovanissimo, ma non è invecchiato per colpa sua. Le cose della vita lo hanno reso più provato forse, mai debole. E anche quando è debole, sa come chiedere aiuto. Proprio come un vero uomo, sa farsi aiutare senza cadere nei patetismi. È stato così durante le alluvioni, ad esempio quella del 2000, quando poteva esplodere e fare danni ma ha saputo chiamare i rinforzi prima che accadesse. Da giovane si divertiva di più, incontrava tanta gente, addirittura alcuni paesi organizzavano vere gite per vederlo. Facevano il bagno tutti insieme, e oggi è ancora emozionante camminargli accanto. Qualche volta si incazza, e quando lo fa si scatena un rumore forte, e va via veloce, poi si calma, e il sole riesce sempre a farlo risplendere. Conosce parecchi dialetti, quello torinese ad esempio, e a proposto di Torino, come gli piacevano i Murazzi! Conosce il dialetto di Piacenza, della bassa mantovana… ma è con il dialetto rodigino che si diverte di più e quando passa in quelle zone ripete a tutti: “Buongiorno! An ghe briza!” Non sa cosa significhi ma dirlo lo fa sorridere. In tanti hanno parlato di lui. Di questa specie di omone. Hanno anche scritto tante canzoni, ad esempio Daniele Silvestri canta: “E’ per colpa di quel fiume se io sono ancora qua”. Ecco. Forse è per “colpa” di quel fiume se noi siamo ancora qua. O a tratti siamo questi qua. Il Po.