Cammini per strada tranquillo, con l’unica intenzione di uscire di casa per fare una passeggiata e perché no, di guardare anche le vetrine dei negozi, chissà che non ci sia qualcosa di carino da comprare. Cazzeggi, insomma, dopo una settimana di duro lavoro, passata a rispondere a mille telefonate e a partecipare a riunioni infinite, cazzeggi più che legittimamente.
Mentre sei lì, in una sorta di meditazione e indeciso se approfittare dell’offerta “paghi tre prendi quattro t-shirt in cotone”, oltretutto del colore che vuoi, senti che una dolce manina sta picchiettando sulla tua spalla. Interrompi così qualsiasi valutazione rispetto al principio “dell’utilità marginale” in merito al potenziale acquisto delle t-shirt, e ti volti. Eccolo lì, sorridente e apparentemente innocuo, quel personaggio che mai avresti voluto rivedere, tantomeno oggi. Non eri affatto preparato per questo incontro, né fisicamente né psicologicamente e nessun indizio che fosse astrale o climatico o temporale preannunciava che per l’ennesima volta sarebbe apparso davanti a te, lui: “il trita-autostima”.
Già, si tratta del tuo amico di vecchia data, quello con il quale hai condiviso molte esperienze, ad esempio, la stessa classe alle scuole superiori, oppure le lezioni di tennis.
Si, quell’amico che senza usare parole chiare, riusciva lo stesso a comunicarti che lui era più bravo di te. Anzi, non solo lui era più bravo, tutto il mondo era più bravo di te, anche chi non giocava a tennis ma avrebbe voluto giocare era più bravo di te, secondo lui.
Il trita-autostima “tipo” si presenta alle tue spalle, quando meno te lo aspetti. Sembra avere un radar per trovarti anche nei luoghi più inaspettati. Il trita-autostima è di solito di bella presenza, si veste infatti quasi sempre in modo elegante o casual, indossando abiti con toni neutri come il beige o un color nocciola sbiadito, nulla insomma che attiri su di sé l’attenzione. È come un geco che si mimetizza sugli alberi, solo che lui, con i suoi toni neutri si mimetizza sui muri delle strade. Tanto che ti chiedi davvero se viva appiccicato ai muri delle case o al cemento dei ponti e se quando ti vede passare si stacca per raggiungerti. Il trita-autostima, inoltre, ti sorride con tutti i denti a sua disposizione, faccette comprese, ma si può subito notare che dal canino brilla una piccola scintilla, e ciò non lascia presagire nulla di buono. Fa domande scomode, colpisce proprio quei punti della tua vita che per mille motivi non sono stati per te piacevoli, e ancora meno piacevole è rivangarli. Ad esempio, ti dice” hai visto come hanno ristrutturato bene quella casa che volevi tanto acquistare ma che poi, senza avvisarti è stata venduta a quella persona che ne ha già almeno dieci di case?” e tu annuisci, mentre rivivi quel sogno svanito, in cui sei seduto in quel giardino pieno delle rose che avresti piantato.
Eccolo lì davanti a te, dunque, il tuo trita-autostima e dopo esservi incontrati, con estrema educazione vi salutate. Tu gli dici “ciao carissimo” e stringendo i denti gli sorridi. Lui allora ti risponde: “ciao Marco”, solo che tu ti chiami Giulio, e dopo venti anni di conoscenza dovrebbe saperlo. Gli fai allora notare che il tuo nome è un altro, e lui ti risponde “ah sì, ok, che sarà mai, sei sempre stato permaloso”. Il primo pezzettino di autostima, il tuo “amico” te lo ha già strappato con un piccolo morso. Quello che ha pronunciato in modo sbagliato infatti è il tuo nome, ovvero la tua identità, e tu non puoi nemmeno precisare come ti chiami perché altrimenti “sei permaloso”. Così cerchi subito un argomento nel quale tu possa sentirti inattaccabile, e stringendo i pugni e con le mani sudate inizi a raccontargli del tuo lavoro.
Il tuo “amico” però non arretra di un centimetro e prosegue nella conversazione confermando, come fa ogni volta, di conoscere tutte le tecniche necessarie affinché dopo il vostro incontro tu possa avere solo due possibilità. La prima possibilità è quella di rivolgerti immediatamente ad un bravo psichiatra che ti possa prescrivere anti depressivi e confidare in una, seppur lenta, ricostruzione della fiducia in te stesso. Oppure, iscriverti subito ad un corso intensivo di cardio fitness che, dicono gli esperti, aiuta la produzione di serotonina ovvero l’ormone della felicità. In questo caso ti devi allenare tanto, perché dopo il vostro incontro, te ne servirà tanta di serotonina.
Così, come hai tu stesso deciso, gli parli della tua professione lavorativa.
Ad esempio, gli esponi le nuove misure legali in materia di bilanci economici, che è una materia che conosci bene perché lavori da oltre 15 anni in questo ambito, e hai una laurea in economia e li redigi pure questi bilanci. Lui che per professione si occupa di tutt’altro e non sa nulla di economia, mette comunque una mano sul fianco e con il dito indice puntato verso il tuo naso, ti dice che per poter parlare di un bilancio in modo corretto “dovresti documentarti”. Oppure, sei un esperto di marketing e comunicazione stimato dalle più importanti multinazionali, il tuo amico ti racconta che per il suo blog ha pensato di rivolgersi ad un “vero” professionista, come se tu fossi un finto professionista. Di fronte a tutte le sue affermazioni inizi a perdere la lucidità ma vuoi uscirne vincitore lo stesso. Senti che le forze ti stanno abbandonando, le gambe sono pesanti, i capelli sono flosci e incollati sulla tua fronte un po’ sudata. Nonostante questo, l’amico continua a parlare e sta iniziando a chiederti “come ti senti ora che hai preso qualche chilo quando qualche anno prima eri così in forma e invece adesso guarda, non sembri nemmeno più la stessa persona”. Tu ormai sei inginocchiato a terra, con le mani appoggiate sull’asfalto della strada dove solo pochi minuti stavi passeggiando e cazzeggiando più che legittimamente!
Noncurante però il tuo amico non accenna a smettere di parlarti e mentre ti chiede come sta la tua ex fidanzata che ti ha lasciato per tuo cugino più colto di te, assomiglia sempre di più al Sergente maggiore Hartman, mentre tu ti senti il soldato Palla di Lardo nel film Full Metal Jacket. Ma all’improvviso alzi il capo, tu non sei il soldato Palla di Lardo e lo sai.
Così lo guardi dritto negli occhi mentre nella tua testa inizia riecheggiare quel discorso motivazionale di Al Pacino in “ogni maledetta domenica” e lo volgi al singolare, cioè a te stesso.
Nel frattempo, si alza un forte vento che spazza via le nuvole nel cielo, tanto che il sole sta tornando a splendere, e tu muovi un polso che era bloccato per terra, poi muovi anche l’altro polso, e anche se le caviglie tremano cerchi di rialzarti. In questo momento anche gli uccellini tornano a cinguettare e pensi che su quell’asfalto “puoi rimanerci, farti prendere a schiaffi, oppure, aprirti la strada lottando verso la luce” proprio come recita Al Pacino.
Così ti rialzi nonostante le ecchimosi sulle ginocchia, resti dritto davanti al trita- autostima e… no, non gli dici niente. Lo guardi negli occhi, fai una risata sguaiata posizionando la tua faccia a pochi millimetri dalla sua e poi te ne vai lontano, talmente lontano che se ti girerai per vederlo, lui ai tuoi occhi sarà sempre più piccolo, fino a sparire del tutto. E sorridendo pensi: sei fottuto Sergente Hartman.
Tratto da “Umanistili e Una Ballerina Sulla Luna” di Elisa Rovesta
NFC Edizioni