Il manager che conosce le soft skills (e la definizione non può essere scritta in maniera separata) io me lo vedo.
Allora, le soft skills sono quelle competenze diciamo personali\caratteriali, come la capacità di fare squadra, giusto per non cadere nel banale, la collaborazione, insomma il carattere, che però detto in inglese fa più figo.
Si distinguono dalle competenze tecniche, ad esempio la capacità di utilizzo di Excel, le technicalities, ma non so perché fa meno figo dirlo in inglese.
Il manager che conosce le soft skills entra in ufficio e già ti chiedi se dirgli buongiorno o good morning, perché lo sai che tutto il resto della sua spesso unilaterale conversazione si svolgerà in inglese.
Ti dice buongiorno, e sei ancora indeciso se rispondere thank you, ma è andata bene, la prima l’hai schivata.
Gli chiedi come va, è quel brutto vizio che hai, l’educazione, ti è scappato. Non vede l’ora di rispondere: «Bene, ma sono in debriefing, ho lavorato tutta la notte per la call di oggi… Sai, devo vedere il CEO insieme al CFO, con il Legal Specialist».
E tu pensi: “Amico mio, solo ieri parlavi normale, sappi che se hai bisogno io ci sono”. Ma non glielo dici, perché tu parli italiano e forse lui non conosce nemmeno più la tua lingua.
Lui è un vero manager, incarna il junior e il senior insieme, si fondono nella stessa anima.
Ha la riga dalla parte, tutto si può pensare di lui tranne che non abbia la riga dalla parte. I capelli qualche volta un po’ lunghi, non troppo, quel tanto che grida “Voglio dare un’immagine selvaggia in piena contraddizione con il resto del mio look”, inconsapevole del fatto che sta dando messaggi confusi, ma lui è il manager, può. Ha letto Goleman, può tutto.
Altre volte i capelli sono corti, sapientemente rigirati su un preciso lato, sempre lo stesso, e stanno li così, per venti, trenta, quarant’anni, è coerente, lui. Quando gli dici «Ti vedo bene oggi», sai che stai dicendo una cazzata, oggi è uguale a ieri, che è uguale a un anno fa, che è preciso a dieci anni fa. Lo sai, ma glielo dici lo stesso… L’educazione, scappa.
Indossa il suo completo blu, vorrebbe dare l’impressione di chi la moda la cavalca, ma non troppo, ha altro a cui pensare. I pantaloni sono sempre un po’ strettini, la giacca… insomma, non è chiaramente la musa di Armani uomo, ma le scarpe… Le scarpe niente, non ci siamo mai, sempre troppo a punta, o troppo tonde, ma chissenefrega, lui conosce le soft skills.
Crede nell’inclusion e nella diversity, ci crede tanto, ha fatto un atto di fede. Il suo collaboratore lo sa, e anche lui deve crederci, proprio deve, non ha scelta, per il principio della diversity.
Le conosce eccome le soft skills, le ha lette, studiate, ha fatto un master apposta. Anche questo il suo collaboratore lo sa, lo vede che si ricorda perfettamente tutte le parole giuste quando deve riprenderlo.
Per fare un rimprovero senza umiliare ha dovuto studiare… Lo spirito d’iniziativa va comunque sempre apprezzato.
Ha le gambe sempre un po’ larghe, le braccia sempre un po’ aperte. La prossemica (come si occupano gli spazi) è importante, ma lui non lo sa cosa sia la prossemica e se solo sospettasse che esiste, correrebbe a fare il master a Yale o Stanford per poi raccontartelo tutto in inglese. Lui le consce le soft skills, più tardi dovrà dare il feedback… Ha studiato tanto.
Tratto da “Fatti di Umani” di Elisa Rovesta
NFC Edizioni