God Inside

È mezzogiorno quando un uomo di circa quant’anni, moro con i capelli un po’ lunghi alla Richard Gere, si trova nella sua cucina con le mani appoggiate al tavolo. Fissa un piatto con all’interno del tonno appena estratto da una lattina. Il tonno è ancora gocciolante d’olio.

Continua guardare questo piatto, e via via aumenta la potenza con la quale spinge le mani sul tavolo, la faccia diventa rossa e gli occhi sono socchiusi per la fatica. Il suo respiro è affannato come se avesse un’asma da sforzo, ma questo uomo non ha nessuna asma, è solo concentrato sul tonno.

Ad interrompere la fatica arriva all’improvviso la telefonata dell’architetto che gli sta ristrutturando la vecchia casa di famiglia. L’uomo riapre subito gli occhi, guarda il telefono illuminato sul display ed esclama: “Non si può nemmeno più moltiplicare il pesce in pace!”

Già, come tante altre volte, sta cercando di utilizzare i poteri che crede di possedere per moltiplicare la scatoletta di tonno appena aperta ma, per colpa delle varie distrazioni che ogni giorno si presentano, non ci è mai riuscito.

Risponde al telefono e apprende che ci sono alcuni problemi per il rifacimento del tetto della casa in ristrutturazione. A questo punto l’uomo assume le sembianze di un praticante di thai chi, e mentre fa movimenti lenti che richiamano la tecnica di combattimento cinese, cerca di rievocare tutte le sue conoscenze vere o presunte in tema di rifacimento dei tetti.

Così lui, che ha una concessionaria di automobili e che di tetti non se n’è mai occupato, evoca dentro sé stesso il Dio che ritiene di essere, e con la calma distintiva di chi riesce a camminare sulle acque di un fiume senza caderci dentro, parte in quarta spiegando all’architetto come “si deve fare”. Gli dice infatti, che per prima cosa bisogna montare un’impalcatura e l’architetto risponde che è già stata montata, e che il problema riguarda l’infiltrazione tra le tegole.

L’uomo che si sente Dio dentro risponde: “Non importa, allora bisogna rimontare di nuovo l’impalcatura”.

L’architetto insiste che l’impalcatura c’è già e a questo punto l’uomo con Dio inside, glissa e riprende il discorso sulle tegole. Spiega con esattezza come dovrebbero posizionarle i muratori: “Le tegole devono essere una vicina all’altra, tenendole anche un po’ sollevate”, dice.

L’architetto ribatte che le tegole vanno tolte, non posizionate, e così l’uomo risponde che “Non importa, dal suo consiglio si può trarne giovamento per il futuro prossimo” e tra sé e sé pensa: “Ego te absolvo per non avere l’umiltà di capire con chi stai parlando.”

I due concludono la conversazione e l’uomo che ha appena compiuto il piccolo miracolo di aver insegnato all’architetto il proprio lavoro, distoglie l’attenzione dal moltiplicare il tonno sott’olio e inizia a mangiarlo. All’improvviso riceve un’altra telefonata.

Questa volta è la signora della lavanderia. Gli vuole comunicare che i suoi vestiti sono pronti per il ritiro.

La signora comunica all’uomo che i pantaloni marroni hanno una tasca scucita, e la macchia sul tessuto non è stato possibile toglierla con il lavaggio a secco.

L’uomo, che non ha mai fatto nemmeno una lavatrice, risponde alla signora della lavanderia che è sufficiente prendere ago e filo per ricucire la tasca, ignorando che non è tra le competenze della signora. E aggiunge che chiederà a sua moglie, che lui chiama Maria ma che in realtà si chiama Giovanna, di mettere in frigo i pantaloni che, si sa, con il freddo tutto si disinfetta.

La signora risponde che non è un problema disinfettare il materiale, ma di lavaggio deve essere rifatto in lavatrice. Lui tra sé e sé pensa: “Devo perdonarla perché non sa quello che sta facendo.”

Terminata la telefonata, l’uomo che si sente Dio dentro è un po’ offeso dal fatto che i suoi pantaloni non siano stati considerati come delle reliquie e citando Papa Francesco, parlando in terza persona esclama: “Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia.”

Finalmente finisce di pranzare e prima di recarsi al lavoro, che per lui è solo una copertura per non palesare la sua vera identità, lascia un bigliettino alla moglie italo-inglese che lavora in un’azienda che costruisce lavastoviglie. Leggerà più tardi quando tornerà dall’ufficio:

“Ciao Maria (anche se si chiama Giovanna), per fare andare la lavastoviglie devi mettere la pastiglia all’interno dell’apposito caricatore. Vado a lavorare, anche se io in otto giorni riesco a fare tutto, compreso riposarmi. I love you. By God inside.”

Si ricorda poi di inserire un post-scriptum, riprende la penna e aggiunge una frase al bigliettino: “Mi ha chiamato il tuo avvocato. Volevo informarti, perché forse non lo sai, che hai chiesto il divorzio). Ti è utile saperlo. I love you. God inside,again.” E dopo un attimo di riflessione aggiunge: “And again and again.”

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